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E così siamo scivolati alle ultime battute di un annus horribilis in cui il nostro mondo ha girato tanto velocemente da perdere la testa, se mai una testa razionale l’ha avuta. Parlo a livello globale e giù fino al livello di più di un singolo individuo.
Per quanto mi riguarda, non rimpiango nulla di questo 2009: dodici mesi che non vorrei rivivere per nessun motivo al mondo, così come, del resto, non vorrei rivivere la mia vita. A maggio scorso ho perso mia madre per una malattia che non lascia scampo e due settimane dopo se n’è andato anche il mio compagno di maratona, portato via pure lui da un male non poco aggravato, come fu per mia madre, dalle “cure” dei medici e dalla loro cultura che tanto deve alle case farmaceutiche e ai loro interessi miliardari.
Da quelle morti passa poco più di un mese e mi arriva una raccomandata nella quale la signora Bortolani, presidentessa dell’omonima onlus e proprietaria per sciagurata ingenuità mia del microscopio essenziale per le ricerche sulle nanopatologie, mi annuncia di aver “donato” l’apparecchio niente meno che all’Università di Urbino, quell’ente che annovera tra i suoi “scienziati” chi mi ha contrastato, e con argomenti tutt’altro che scientifici, quando ho tentato, per ora con successo, di evitare che a due passi da quella città si costruisse un inceneritore a biomasse che sarebbe stato parte di una fungaia di altri impianti simili. La “donazione”, va da sé, è stata sancita dopo aver manovrato di nascosto in modo da non mettere a repentaglio la riuscita dell’affare per molto più di un anno, ad essere precisi, da quando sono “entrato in politica”.
Con
quel grottesco trasloco si è tradita l’intenzione dei donatori? Li si sono imbrogliati? Si è fatto l’esatto contrario di ciò che si è strombazzato durante tutta la campagna di raccolta fondi, non solo bloccando di fatto la ricerca ma mettendo su di un piatto d’argento la nostra arma in mano giusto a chi si affermava di voler combattere? Che importa? Ubi maior… E, chissà, non era proprio dare l’arma a chi combattiamo che rendeva il business appetitoso? E poi, non si è forse detto che noi possiamo accedere al nostro microscopio “almeno una volta la settimana”? Che importa se Urbino sta a tre ore di auto e chissà quante di treno da Modena, se laggiù non ci sono né i locali adatti né le attrezzature che servono né i tecnici preparati per la nostra specialità? Che importa se quel microscopio serve tutti i giorni e non di rado anche di notte? L’importante è che si sia salvata una forma a beneficio degl’ipocriti, degl’imbecilli e di chi non vuole mostrare la faccia come complice in questa vicenda.
Qualcuno mi chiede della Bortolani. Che posso dire? Non certo per scelta mia, non la vedo e non la sento da tempo immemorabile, mai ha visitato il laboratorio, non ha la più pallida idea di che diavolo stiamo facendo e pubblica esternazioni di cui, stante la sua laurea in legge, non può ignorare le conseguenze. Tutto quello che mi sento di dire è che il giorno in cui qualcuno me l’ha presentata non godevo probabilmente di un oroscopo favorevole.
Grillo? Perché mi chiedete sempre di Grillo? Che c’entra Grillo? Che ne sa lui? Che autorità detiene? Qualcuno lo ha preso come alibi per le proprie porcate e lui ha lasciato fare. Dopotutto, quando strilla condannando all’inferno chi imbavaglia la ricerca, chi diffama senza essersi procurato lo straccio di una prova, chi intrattiene interessi tanto grassi quanto squallidi come quelli che stanno dietro gl’inceneritori e le cosiddette “grandi opere”, non fa altro che il suo mestiere: riempire i palasport. Qualcuno viene sacrificato? Il bene comune viene calpestato? Non potete chiedergli di badare a queste inezie: ognuno deve fare il “suo particulare”, come saggiamente insegnava Guicciardini, e se si è sempre sottratto a qualsiasi forma di confronto non è per viltà: è solo perché è in tutt’altre faccende affaccendato. In fondo, se una fetta di ricerca è andata avanti e si sono raggiunti risultati di livello altissimo un po’ lo si deve anche a lui. E, allora, non tiratelo in ballo.
E l’Università di Urbino? Certo il coraggio non è una dote nemmeno laggiù nel Montefeltro. Rettore, preside di facoltà, professore che, furbescamente, si spacciò un tempo per amico per venderci in cambio di trenta denari bucati… Nessuno di loro ha avuto il coraggio e la dignità di prendere il telefono e parlare con me. Anzi, con mia moglie, perché è lei, per accordo scritto e pubblicato, la persona che ha la piena responsabilità del microscopio, potendo decidere dove, come e quando collocarlo e che accidenti farci. E nessuno di loro ha mai avuto il coraggio di mettersi in contatto con il sottosegretario alla Difesa che aveva scritto una lettera al rettore per impedire lo scempio, né qualcuno ha chiamato il capo di stato maggiore della Difesa che aveva telefonato per lo stesso motivo, né qualcuno ha risposto al presidente dell’Osservatorio Militare che resterà senza le analisi imprescindibili per consentire ai reduci malati di vedersi riconosciuta la causa di servizio per le malattie da uranio impoverito e nanoparticelle, né qualcuno ha avuto il fegato di rispondere a tutti i messaggi di protesta che arrivavano da parte di donatori e di ricercatori non collusi con certe schifezze. Ma che importa? Ubi maior… Dopotutto, il fine giustifica i mezzi. È o non è la lezione di un grande?
Qualche giorno fa mi è arrivato un fax firmato dal rettore in cui arroganza e comicità tragica facevano a gara, arrivando persino a sostenere che la sua università brillerebbe in campo internazionale. In che, non è dato sapere, ma qui, quando si arriva a trattare del microscopio elettronico, si parla di una disciplina nitidamente delineata e non di altro, altro che è del tutto irrilevante. Ma, volendo prendere sul serio il rettore, sarebbe interessante sostenere un dibattito pubblico con i luminari delle nanopatologie che l’Università metterebbe in campo, luminari che, forse per modestia, non hanno mai fatto capolino in quel mondo e – ma questa è un’illazione mia – non hanno neppure chiaro il significato del termine.
Ma ad Urbino, nel salottino dell’Università, nessuno si preoccupi: non accadrà mai che qualcuno chieda loro quali progressi abbiano fatto con lo studio sulle patologie da micro e nanoparticelle o si rivolga a loro, come si fa quotidianamente con me, per avere aiuto. Aiuto che, guarda un po’ l’ironia del destino, mi chiedono perfino alcuni gruppi di “amici di Beppe Grillo”.
A corollario di questa farsa ci stanno un po’ di blog, qualche casalinga isterica, qualche faccendiere di provincia, qualche bamboccione, qualche “scienziato” che non ha mai partorito nulla e che pretende uguaglianza rendendo il mondo sterile come lui. Da tutte queste fonti, molte delle quali rigorosamente anonime, arrivano infamie. A ben contarli sono quattro gatti che qualche decennio fa, prima dell’entrata in vigore della legge Basaglia, avrebbero forse avuto altro destino, ma ora stanno democraticamente lì a inveire contro la luna piena. Quattro gatti sì, ma rumorosi.
Dall’altra parte ci stanno coloro i quali mi mandano messaggi in cui mi dicono di non mollare e che compreremo un altro microscopio alla faccia di tutti. Ma con che soldi, di grazia? Qualche anno fa si tentò di mettere in piedi un’associazione che raccogliesse fondi per la nostra ricerca. Fallito l’ottenimento dello stato di onlus grazie agl’intrighi da politicuzzo ereditati dal babbo di qualcuno che ora gongola per la nostra “sconfitta”, restarono 6.000 Euro depositati in banca, una cifra che, a dir poco misteriosamente, non arrivò mai alla ricerca. Poi si tentò di raccogliere fondi con i Grilli di Firenze, ma, come forse qualcuno ricorderà, il comico Grillo si oppose a mezzo avvocato (io ero già “in politica” e il mio essere “in politica” non si armonizzava con il suo) e l’iniziativa naufragò. Ora c’è Ricerca è Vita che è una onlus e che raccoglie fondi per le nostre ricerche, ma in quasi un anno e mezzo sono arrivati non molto più di 10.000 Euro. Dunque, una pacca sulle spalle e un armiamoci e partite, perché se c’è da tirare fuori un po’ di quattrini per assistere alle esibizioni di un cantante, di un calciatore o di un guitto da trivio che già trasuda denaro, si fa il “sacrificio”. Per una ricerca i cui risultati, lo si voglia o no, coinvolgono tutti, vadano avanti gli altri.
Io ho messo in vendita casa mia. Dopo questa, ho un rene in ottime condizioni. Di più, non credo di farcela, anche perché il Nobel tarda ad arrivare.
Ciliegina sulla torta del 2009: sono stato querelato dall’acciaieria ABS di Udine per il capitolo 25 del mio libro Il Girone delle Polveri Sottili. Resta aperto il quiz: perché?
A chi mi chiede che cosa provo in tutto questo molto terrestre girone infernale non posso che rispondere che provo repulsione e pietà messe insieme, le sensazioni che si provano davanti ad una mutilazione orrenda, con l’aggravante che qui la mutilazione è morale.
E, dunque, addio 2009 e addio senza un briciolo di rimpianto ma, anzi, con la voglia di buttarti fuori a calci perché non meriti altro. Il 2010 non promette di cominciare particolarmente bene, con i signori di Urbino che, senza colpo ferire, si portano a casa il frutto di un anno di sacrifici miei che magari non tutti avrebbero affrontato. Mi auguro solo che quello sia l’atto postumo dell’anno ormai andato.
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Un annus horribilis, ho detto, ma da cui esco vincitore perché io posso guardare negli occhi chiunque e non sono costretto a scappare, ad arrampicarmi sugli specchi o ad aggrapparmi a menzogne avvilenti.
E, da vincitore, sfido i poveri infelici che ignorano di essere dei suicidi a bloccarmi ancora. Perché, vi piaccia o no, noi andremo avanti e a voi non resterà che un pugno di quella triste sozzura che scambiate o contrabbandate per oro. La differenza sarà che chi ha bisogno di aiuto non potrà più rivolgersi a me ma lo farà a Grillo, al rettore di Urbino o alla signora Bortolani, perché ora la patata bollente ce l’hanno loro tra le dita per loro scelta, e adesso quella non possono mollarla a nessuno. |