Sagra del ‘700

28 gennaio 2010

A CIORANI DI MERCATO SAN SEVERINO SI RINNOVA L’APPUNTAMENTO CON LA SUGGESTIVA SAGRA DEDICATA ALLA CUCINA DEL ‘700.

http://www.ciorani.it/news.asp?idnews=56

29-30-31 Gennaio e 5-6-7 Febbraio 2010

Per informazioni sui piatti tipici

https://energiapulita1.wordpress.com/2009/02/02/sagra-invernale-cucina-del-700-a-ciorani-di-mercato-san-severino/


Richie Havens e Pino Daniele

26 gennaio 2010

If you wanna Know, je sto cuntanno ancora ‘a rrobba mia…


E’ giusto tagliare il Diritto e l’Economia nelle scuole?

23 gennaio 2010

SCUOLA/ Servono diritto ed economia nei licei? Chiedete a Ockham

Franco Labella

«Riguardo a Economia e Diritto, dovendo fare delle scelte, no, non ritengo siano materie fondamentali per l’educazione alla cittadinanza e alla legalità».

«Potremmo superare le polemiche sulla mancanza di arte, musica nel biennio, perché nell’asse dei linguaggi ci possono rientrare tutte le discipline anche se a un livello certo di non avanzata formalizzazione. Condivido pertanto la risposta di Bruschi (“regista” della cabina di regia sui Licei) sulla mancanza di Diritto-economia nei bienni liceali».

Che il paradosso espresso nella prima frase sia condiviso anche da un uomo di scuola come D’Avolio non può che suscitare meraviglia. D’Avolio, Dirigente scolastico ora in quiescenza, ha conosciuto fasi anche passate dei tentativi di riforma della scuola e quindi non avrà reazioni di rigetto se leggerà queste altre di frasi:

L’insegnamento del Diritto: 1) concorre ad integrare la prospettiva offerta dalle scienze umane e sociali, studiate nell’indirizzo con la peculiarità delle proprie categorie logiche e sistematiche; 2) promuove nello studente una maggiore consapevolezza della complessità dei rapporti sociali e delle regole che li organizzano; 3) consente di individuare le connotazioni delle diverse formazioni operanti nella società, cogliendone la rilevanza giuridica; 4) attiva la riflessione sull’essenzialità del nesso fra società e ordinamento giuridico; 5) evidenzia le forme di solidarietà attuabili mediante l’intervento dello Stato nei rapporti economici e sociali.

Sarebbe interessante conoscere l’opinione di D’Avolio, fautore della trasversalità, a proposito di queste frasi che sono tratte da quel “pericoloso” documento costituito dalle Linee di indirizzo delle sperimentazioni Brocca.

E se poi ci spostiamo sull’Economia, che dire? Trasversalità anche lì? E di chi? Del collega di “Economia domestica”? La battuta viene facile se si pensa che qualcuno, nell’ambito dei think thank che si sono occupati del riordino, ha evocato, non si sa bene in base a quale ragionamento, la possibilità di inserire nel futuro Liceo delle Scienze Umane non l’Economia Politica ma, udite udite, l’Economia Aziendale.

Riportiamo la discussione nei termini della razionalità. Dunque c’è la necessità del riordino e si decide che le Discipline giuridiche ed economiche non rientrano nel core curriculum.

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I rifiuti tossici che arrivano nei nostri piatti

23 gennaio 2010
Da www.pressante.com

Le nuove rotte dei rifiuti

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Ambiente e salute Ambiente e salute
Scritto da Alessandro Iacuelli
Mercoledì 06 Gennaio 2010 00:00
Potrebbe sembrare un controsenso, quanto appare da alcune indagini condotte dalla magistratura e dalle autorità doganali del nostro Paese. Eravamo abituati a vedere i rifiuti industriali italiani, in particolare quelli tossici, prendere la via dell’Africa, a fare compagnia a quelli di quasi tutto il resto d’Europa, invece il nuovo quadro che emerge, alla soglia del secondo decennio del XXI secolo, indica una inaspettata inversione di tendenza: dall’Italia all’Africa, e poi di ritorno nel nostro Paese. E’ questo il nuovo affare (economico) che circonda gli scarti velenosi del nostro mondo produttivo. Quei rifiuti tossici tornano in Italia.

Si tratta per lo più di scarti industriali e rottami ferrosi contaminati con sostanze nocive, o a volte radioattive. Sostanze che per legge non sono più riutilizzabili nei cicli di produzione industriale, ma sono destinate ad essere smaltite come rifiuti speciali. Invece succede che… vengano riutilizzate, e non si tratta certo di riciclaggio o riutilizzo di materie prime seconde, ma di avvelenamento pericoloso di nuovi prodotti che finiscono sul mercato. Il percorso dei rifiuti si fa più accidentato: viene imbarcato via mare in porti già noti per questo tipo di attività, in particolare quelli di Liguria, Toscana e Campania, in misura minore anche in Calabria e Sicilia. Spesso, sfuggono ai controlli doganali, con tecniche già note: sulle bolle di accompagnamento c’è scritto che si tratta di generi alimentari, veicoli, materiali edili e, nel caso di rifiuti elettronici, addirittura come materiale informatico per lo sviluppo e la cooperazione con i Paesi del Terzo Mondo.

L’Agenzia delle Dogane, notevolmente sottodimensionata rispetto alle esigenze del Paese, fa quel che può, ma in Italia ci sono porti che movimentano oltre trenta milioni di container l’anno, il che significa una media di un container al secondo: impossibile controllarli tutti senza paralizzare le operazioni di imbarco e di sbarco dei mercantili. Vengono usate alcune tecniche di campionamento, per selezionare i container da sottoporre a controlli, ma molti sfuggono lo stesso. Nonostante ogni mese nei porti italiani vengano sequestrate diverse tonnellate di merci che merci non sono.

Una volta usciti dal nostro Paese, dopo un po’ ritornano. Nel 2008, la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Dogane hanno individuato 4.000 tonnellate (una quantità modesta, rispetto al totale) di rifiuti pericolosi provenienti dall’Africa, dall’America e dal Nord Europa, oltre che centinaia di tonnellate di rifiuti speciali provenienti dall’Albania e dalla Croazia. Di che materiali si tratta, e perché arrivano da noi? Si tratta di catalizzatori esausti, contaminati con sostanze tossiche, prodotti chimici e soprattutto pet coke, un sottoprodotto del petrolio che si ottiene dal processo di condensazione di residui petroliferi pesanti e oleosi, viene usato come combustibile economico, ma ha un problema: è altamente cancerogeno in quanto contiene zolfo al di la dei livelli previsti dalla legge. Ma costa pochissimo, trattandosi di un rifiuto, pertanto se lo si riesce a far entrare in Italia per vie traverse, il guadagno è assicurato. Un carico di pet coke è stato bloccato, nei mesi scorsi, nel porto di Gela.

Le indagini condotte dal sostituto procuratore catanese Antonio Nicastro hanno consentito di ricostruire tutta la filiera di (falso) smaltimento e riuso: il carico proveniva dal Venezuela e arrivato nel porto di Gela ed era destinato ad un cementificio di Siracusa, che l’avrebbe usato come combustibile, rilasciando in atmosfera tutti i suoi pericolosi prodotti di combustione.

Invece a Salerno, la Guardia di Finanza ha sequestrato nel porto un bel numero di containers provenienti dall’Irlanda e da alcuni paesi dell’Africa centrale, contenenti sostanze tossiche e materiali elettronici di scarto: questo materiale era destinato ad una società romana, assolutamente fittizia, che era stata incorporata da anni da un’altra società con sede a Milano. Si trattava degli stessi rifiuti che avevano lasciato illegalmente l’Italia ed avevano preso la via del del Benin. Tornati in Italia per essere riutilizzati nei processi produttivi di molte industrie italiane, per risparmiare a discapito della nostra salute. Combustibili altamente tossici che ci mostrano, in tutta la loro cruda realtà, quando in Italia siamo lontani dalle logiche industriali che tutelano la salute e l’ambiente.

E si risparmia non solo sul combustibile, ma anche in un altro modo: importando illegalmente le sostanze tossiche, eludendo le dogane, si froda anche il fisco. Nelle scorse settimane, un’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Bergamo ha portato alla luce un traffico illecito di rifiuti realizzato attraverso società filtro, create appositamente e successivamente trasferite in altre regioni e avviate alla liquidazione, per gestire un’enorme quantità di rifiuti di origine ignota e di qualità chimico-fisiche sconosciute.

Le società fantasma servivano anche a mantenere immacolate e preservare dai controlli della polizia ambientale altre società sempre riconducibili agli indagati, alle quali erano poi rivenduti i rifiuti ripuliti. L’organizzazione usava fare pagamenti fittizi a mezzo di denaro contante, espedienti finalizzati a celare vere e proprie distrazioni di fondi societari, quantificati in circa 7 milioni di Euro, canalizzati principalmente verso la Repubblica di San Marino, e utilizzando anche nominativi di fantasia.

Il 16 ottobre scorso, era toccato alla Guardia di Finanza di Brescia scoprire una triangolazione societaria, anche questa fatta con la Repubblica di San Marino. Ad essere movimentati erano i materiali ferrosi che compongono gli scarti delle acciaierie, di cui è pieno una parte del territorio bresciano. Anche in questo caso, il fisco veniva eluso tramite un giro di fatture false: decine di milioni di euro venivano spostate a San Marino mediante meccanismi tali da disperdere le tracce dei pagamenti delle transazioni illecite.

Sul fronte “tecnico” della sparizione dei rifiuti, il comitato Seagull, associazione con sede a Molfetta, dedita alla tutela degli interessi dei marittimi, che prende il nome dall’omonima nave naufragata nel 1977, lancia una pesante quanto importante accusa: la presenza di marinai extracomunitari a bordo delle navi, spesso sotto ricatto. Non solo lavorano in scarsa sicurezza e con stipendi al ribasso, ma il ricatto che subiscono è l’obbligo, pena il licenziamento, di sversare in mare i rifiuti tossici che non possono essere rivenduti a nessuno, ma che vanno per forza smaltiti.

In pratica, il 2010 inizia con un quadro preoccupante. E ancora si attende una presa di posizione seria da parte delle potenti organizzazioni degli industriali italiani. Così, mentre Confindustria lamenta presso il governo le deboli strategie per uscire dalla “crisi” e tace sui suoi stessi smaltimenti illeciti, l’Agenzia delle Dogane ipotizza per il nuovo anno un boom delle importazioni illegali di pet coke. Si tratta chiaramente di un riciclo illegale, e pericoloso. Ma l’industria italiana, perennemente in crisi, pur di risparmiare qualcosa sui combustibili appare addirittura disposta ad avvelenare il territorio.

Il bilancio, sempre del 2008, poiché i dati del 2009 non sono ancora stati resi noti, parlano chiaro: l’Agenzia delle Dogane ha sequestrato in tutto l’anno 106.000 tonnellate di pet coke. La cosa che fa venire i brividi è che molto di questo veleno era destinato a fare da combustibile nei forni d’industrie alimentari, italiane, soprattutto produttori di zucchero e di prodotti dolciari. E i rifiuti arrivano nei nostri piatti.


La festa è finita (SERGE LATOUCHE)

20 gennaio 2010
La festa è finita

Serge Latouche

[25 Novembre 2009]

Un articolo del fondatore del movimento della decrescita [pubblicato su Carta 38709]. Che si chiede: vale la pena preoccuparsi del futuro e cambiare il nostro stile di vita?

Perché dovrei preoccuparmi della posterita? – diceva Marx [non Karl, ma Groucho] – Forse la posterità si è preoccupata per me?». Effettivamente, si può pensare che l’avvenire non valga tormentarsi per assicurarsi che ci sia e che sia meglio dar fondo il prima possibile al petrolio e alle risorse naturali piuttosto che avvelenarsi l’esistenza con il razionamento. Questo punto di vista è assai diffuso nelle elites, e si può comprenderlo, ma lo si trova anche implicitamente in un gran numero di nostri contemporanei. Oppure, come scrive Nicholas Georgescu-Roegen: «Forse il destino dell’uomo è di avere una vita breve ma febbrile, eccitante e stravagante, piuttosto che un’esistena lunga, vegetativa e monotona» [Nicholas Georgescu-Roegen, «La decroissance», edizioni Sang de la terre, 2006].
Certo, bisognerebbe che la vita dei moderni super-consumatori sia veramente eccitante e che, al contrario, la sobrietà sia incompatibile con la felicità e anche con una certa esuberanza gioiosa.
E poi anche… Come dice molto bene Richard Heinberg: «Fu una festa formidabile. La maggior parte di noi, almeno quelli che hanno vissuto nei paesi industrializzati e non hanno quindi conosciuto la fame, hanno apprezzato l’acqua calda e fredda dal rubinetto, le auto a portata di mano che ci permettono di spostarci rapidamente e praticamente senza fatica da un posto all’altro, o ancora altre macchine per lavare i nostri vestiti, che ci divertono e ci informano, e così via». E allora? Oggi che abbiamo dilapidato la dote «dobbiamo continuare a compiangerci fino alla triste fine, e coinvolgere il grosso del resto del mondo nella caduta? Oppure bisogna riconoscere che la festa è finita, fare pulizia dietro di noi e preparare i luoghi per quelli che verranno dopo?» [Richard Heinberg, «Pe?trole la fe?te est finie! Avenir des societes industrielles apres le pic petrolier», edizioni Demi-Lune, Paris 2008].
Si può anche giustificare l’incuria sul futuro con ogni tipo di ragioni, non necessariamente egoiste. Se si pensa, come Schopenauer, che la vita è un affare in perdita, è quasi una forma di altruismo, vuol dire risparmiare ai nostri figli il mal di vivere.
La via della decrescita si basa su un postulato inverso, condiviso dalla maggior parte delle culture non occidentali: per misteriosa che sia, la vita è un dono meraviglioso. Ed è vero che l’uomo ha la possibilità di trasformarla in un regalo avvelenato, e dall’avvento del capitalismo non si è privato di questa opportunità. In queste condizioni, la decrescita è una sfida e una scommessa. Una sfida alle credenze più radicate, dato che lo slogan costituisce una insopportabile provocazione e una bestemmia per gli adoratori della crescita. Una scommessa, perché nulla è meno sicuro della necessaria realizzazione di una società autonoma della sobrietà.
Tuttavia, la sfida merita di essere lanciata e la scommessa di essere fatta. La via della decrescita è quella della resistenza, ma anche quella della dissidenza, di fronte al rullo compressore dell’occidentalizzazione del mondo e del totalitarismo aggressivo della società del consumo mondializzato. Se gli obiettori alla crescita si danno alla macchia e insieme agli indigeni d’America marciano sul sentiero di guerra, essi esplorano la costruzione di una civilizzazione della sobrieta? scelta alternativa all’impasse della società della crescita, e oppongono al terrorismo della cosmocrazia e dell’oligarchia politica ed economica dei mezzi pacifici: non violenza, disobbedienza civile, boicottaggio e, naturalmente, le armi della critica.

*DOCENTE DI ECONOMIAALL’UNIVERSITA?D’ORSAY, OBIETTOREALLACRESCITA.
TRAISUOIULTIMILIBRI, «LASCOMMESSADELLADECRESCITA» [FELTRINELLI, 2007] E«MONDIALIZZAZIONEEDECRESCITA» [DEDALO, 2009],


Uno sfregio al paesaggio ed alla storia di Salerno

13 gennaio 2010

Costruire una specie di attrazione per i turisti, un’opera che si atteggi a grande monumento, una specie di simbolo della città, un luogo di ritrovo ed in più una soluzione al traffico di Salerno, grazie alle migliaia di posti auto che, secondo quanto dicono con convinzione i cittadini, serviranno ad arrestare i flussi insostenibili che percorrono da un capo all’altro la città, questa è l’aspirazione del Crescent.

L’attuale amministrazione comunale vorrebbe lasciare un regalo permanente ai propri cittadini che, avendo gradito già in anticipo l’intezione finalizzata “all’interesse pubblico”, hanno contribuito con la loro stima ad innalzare il Sindaco di Salerno al quinto posto nella classifica dei sindaci più amati d’Italia.

Qual è lo spirito ed il desiderio di chi decide di passare qualche giorno o qualche ora a Salerno?

Realizzato questo progetto, il turista potrebbe ammirare un gigante di cemento, brutta copia di opere già viste, che interrompe brutalmente la vista sull’incantevole Golfo e l’ingresso alla Costiera Amalfitana. Oppure potrebbe  fare shopping in un nuovo centro commerciale, come se non ce ne fossero abbastanza in Italia (di dubbia funzione aggregante, ricreativa, antistress…).

Il turista porterebbe a casa un ricordo davvero peculiare della località! Ma questo Crescent ancora non c’è…

Oggi chi va a Salerno ha piacere di passeggiare nelle antiche stradine di Via dei Mercanti, medievali, costeggiate di piccole botteghe, anche centenarie, che non deludono neanche chi ha voglia di fare solo acquisti di prodotti tipici e non. Egli può restare sorpreso dagli innumerevoli locali, pasticcerie, ristoranti e pizzerie che possono offrire affabile ospitalità a tutti.

Chi va a Salerno sa che può trovare una cucina di alta qualità, per la quale è disposto a fare file d’attesa per sedersi ad un tavolo. Può mangiare la pizza (in costante competizione con quella di Napoli), l’eccellente mozzarella di bufala, primi piatti conditi col vero pomodoro San Marzano o pesce, le verdure secondo la dieta mediterranea di Ancel Keys…

Il patrimonio Salerno ce l’ha già, è nella sua storia, nella cultura, nell’eleganza della città, nel paesaggio, nella fortuna di trovarsi tra le meraviglie di Paestum e quelle di Amalfi.                                                                                                                              Altre località italiane, molto più note a livello balneare, non hanno tali “possedimenti”, però sanno gestire bene quel nulla che la natura o la storia hanno offerto loro. Forse bisognerebbe riflettere su questo e partire da qui, piuttosto che ricorrere ad un’inutile, dannosa e costosissima cementificazione.

L’assurdo è che in un momento in cui è urgente riscoprire le tradizioni e le radici, gustare la lentezza e la sobrietà,  rivalutare i borghi antichi, tutelare il paesaggio, andare a caccia di un angolo naturale, chi ha la fortuna di non aver ancora perso tutto questo si lasci ammaliare dalle luci stile Las Vegas, dal lusso di plastica (e di cemento) di centri commerciali, corredati di fast food americani, palestre, cinema e tutto ciò che occorre per spendere e consumare dalla mattina alla sera, alla ricerca del “benessere”.


Presidio alla Regione Lazio contro l’inceneritore

7 gennaio 2010

Inceneritori: se non ti informi non saprai mai che sono nocivi e che esistono

Da www.noinceneritorealbano.it/

La lotta contro l’ inceneritore è una lotta che non fa

spalla a nessun partito politico, istituzione, o simili.

E’ una lotta autorganizzata che rifiuta ogni delega,

quindi se vogliamo vincerla dobbiamo partecipare

tutti/e direttamente!!!

11 GENNAIO, Presidio al “Dipartimento Territorio”

L’ appuntamento è alle 9.30 al parcheggio dietro Villa Doria, Albano Laziale, vicino ai campetti “Seven”.
Preghiamo solo chi è già sicuro di venire di contattare il coordinamento. Stiamo infatti valutando di prendere un autobus ed andare tutti insieme, al prezzo di 5 euro AeR, quindi dovremmo sapere quante persone vengono anticipatamente per prenotare.
In ogni caso, anche se venite all’ ultimo momento, i posti si troveranno comunque con le nostre macchine che mettiamo a disposizione.
Ovviamente se qualcuno vuole venire autonomamente, senza passare per Albano, ci vediamo a via del Caravaggio 99 alle ore 11.00.
Fate sapere, grazie
cerchiamo di essere in tanti quindi fate girare la voce ;D

Questa è una lotta che rifiuta ogni delega, quindi se vogliamo vincerla dobbiamo partecipare tutti/e direttamente!


Noinceneritorealbano

4 gennaio 2010
Cancro e bugie, dati truccati per assolvere gli inceneritori PDF Stampa E-mail
Notizie
dal sito http://www.libreidee.org

Qualcuno ha truccato dati scientifici per tentare di dimostrareinceneritore 1 che gli inceneritori sarebbero innocui. L’accusa, gravissima, è stata formulata ufficialmente il 25 novembre a Cortona, in occasione della Giornata internazionale dei medici per l’ambiente. Dalla cittadina aretina, l’International Society of Doctors for the Environment rivela che sono stati manipolati gli esiti di ricerche scientifiche, per incoraggiare le amministrazioni pubbliche ad adottare con tranquillità l’incerimento dei rifiuti: una pratica che invece è pericolosissima per la salute degli abitanti che vivono nelle vicinanze dei “termovalorizzatori”.

«I termovalorizzatori sono fabbriche di tumori, come ormai dimostrato da studi epidemiologici condotti nelle aree limitrofe agli impianti», sostengono gli ambientalisti. Per contro, i governi hanno sempre impugnato i “dati ufficiali” della comunità scientifica che, al contrario, scagionerebbero gli inceneritori da ogni accusa. Proprio questi dati sono stati ora rimessi in discussione: verità truccate, per nascondere la dura realtà dei rischi legati agli inceneritori e quindi “ammorbidire” l’opinione pubblica, non contraria ai “termovalorizzatori”.

A firmare la clamorosa denuncia è l’Isde, associzione internazionale dei medici per l’ambiente, che dal ‘90 promuove la diffusione delle conoscenze in campo medico per una maggiore protezione dell’ambiente a tutela della salute. «Alla vigilia del ventennale della sua attività – spiega Pino Cabras, direttore di “Megachip” – l’Isde ha divulgato la notizia di sostanziali manipolazioni fatte su alcuni risultati derivanti da studi scientifici sugli inceneritori».

In un comunicato emesso il 25 novembre da Cortona, l’Isde sottolinea il valore della sua rivelazione: «Possiamo affermare che sono stati modificati i risultati di studi scientifici per attestare l’innocuità degli inceneritori e supportare la scelta dell’incenerimento dei rifiuti in documenti ad uso delle amministrazioni». La rivelazione fa riferimento a un articolo comparso sui “Quaderni di Ingegneria Ambientale” del 2007, ripreso in un documento ufficiale della Regione Sicilia. [La stessa cosa è avvenuta per quel che riguarda l’autorizzazione in sede AIA dell’inceneritore d’Albano, durante la quale per attestare l’innocuità dell’impianto il dott. Perucci della ASL RME ha distorto lo stesso articolo inglese. ndr]

Nel testo si cita il lavoro di studiosi inglesi sull’incidenza degli inceneritori sui tumori in Gran Bretagna. «La conclusione degli autori – traduce il documento italiano – è che non è stata trovata alcuna evidenza di diversità di incidenza e mortalità per cancro nei 7.5 Km di raggio studiati ed in particolare nessun declino con la distanza dall’inceneritore per tutti i tumori». Quindi, l’inceneritore sarebbe ininfluente. «Ottima notizia», ironizza Cabras. Peccato sia completamente falsa: nel documento originale, gli studiosi inglesi hanno affermato esattamente il contrario.

Il rischio-tumori declina man mano che ci si allontana dall’inceneritore, scrive il rapporto inglese firmato dai ricercatori Elliot, Shaddick e Kleinschmidt. Una rilevazione «statisticamente significativa» in particolare «per i tumori allo stomaco, al retto-colon, al fegato e ai polmoni». Colpa delle polveri sottili rilasciate dai camini del “termovalorizzatore”, i cui filtri non riescono a trattenere le particelle cancerogene.

Nello stesso articolo, aggiunge Cabras, altri studi vengono citati in modo altrettanto scorretto: «Viene fornita un’interpretazione significativamente diversa da quanto riportato dagli autori citati. I risultati emersi sono modificati oppure citati parzialmente. Ogni modifica tende a supportare le proprie tesi circa l’assoluta innocuità della pratica di incenerimento dei rifiuti».

Una segnalazione di queste manipolazioni, sottoscritta da numerosi medici e ricercatori italiani e stranieri fra cui Dominique Belpomme e Paul Connet, è stata appena inviata al British Medical Journal, che aveva pubblicato l’articolo originale del professor Elliot. Nel suo comunicato, l’Isde Italia «stigmatizza e censura come assolutamente riprovevole il fatto che si stravolgano i risultati provenienti dalla letteratura scientifica e si forniscano ai decisori politici ed alle popolazioni informazioni erroneamente rassicuranti, in spregio a valori che dovrebbero essere a fondamento dell’opera di ogni medico, quali l’autonomia e la correttezza».

I medici ambientalisti, aggiunge Cabras, ricordano che già in passato «l’utilizzo artefatto o strumentale dei risultati di alcuni studi scientifici ha costituito l’alibi per non adottare misure di protezione della salute pubblica, determinando di fatto esposizioni indebite di lavoratori e cittadini ad agenti tossici che hanno causato gravi sofferenze per mortalità e malattie che si sarebbero potute evitare». Riconosciuta dall’Oms e dall’Onu, l’Isde si batte per promuovere una corretta informazione a tutela della salute, in relazione ai rischi provocati dall’alterazione dell’ambiente (info: www.megachip.info).


Ricerca spezzata: il microscopio delle nanoparticelle se ne va…

4 gennaio 2010
Addio, annus horribilis PDF Stampa E-mail
Scritto da Stefano Montanari
mercoledì 30 dicembre 2009
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E così siamo scivolati alle ultime battute di un annus horribilis in cui il nostro mondo ha girato tanto velocemente da perdere la testa, se mai una testa razionale l’ha avuta. Parlo a livello globale e giù fino al livello di più di un singolo individuo.

Per quanto mi riguarda, non rimpiango nulla di questo 2009: dodici mesi che non vorrei rivivere per nessun motivo al mondo, così come, del resto, non vorrei rivivere la mia vita. A maggio scorso ho perso mia madre per una malattia che non lascia scampo e due settimane dopo se n’è andato anche il mio compagno di maratona, portato via pure lui da un male non poco aggravato, come fu per mia madre, dalle “cure” dei medici e dalla loro cultura che tanto deve alle case farmaceutiche e ai loro interessi miliardari.

Da quelle morti passa poco più di un mese e mi arriva una raccomandata nella quale la signora Bortolani, presidentessa dell’omonima onlus e proprietaria per sciagurata ingenuità mia del microscopio essenziale per le ricerche sulle nanopatologie, mi annuncia di aver “donato” l’apparecchio niente meno che all’Università di Urbino, quell’ente che annovera tra i suoi “scienziati” chi mi ha contrastato, e con argomenti tutt’altro che scientifici, quando ho tentato, per ora con successo, di evitare che a due passi da quella città si costruisse un inceneritore a biomasse che sarebbe stato parte di una fungaia di altri impianti simili. La “donazione”, va da sé, è stata sancita dopo aver manovrato di nascosto in modo da non mettere a repentaglio la riuscita dell’affare per molto più di un anno, ad essere precisi, da quando sono “entrato in politica”.

Con

quel grottesco trasloco si è tradita l’intenzione dei donatori? Li si sono imbrogliati? Si è fatto l’esatto contrario di ciò che si è strombazzato durante tutta la campagna di raccolta fondi, non solo bloccando di fatto la ricerca ma mettendo su di un piatto d’argento la nostra arma in mano giusto a chi si affermava di voler combattere? Che importa? Ubi maior… E, chissà, non era proprio dare l’arma a chi combattiamo che rendeva il business appetitoso? E poi, non si è forse detto che noi possiamo accedere al nostro microscopio “almeno una volta la settimana”? Che importa se Urbino sta a tre ore di auto e chissà quante di treno da Modena, se laggiù non ci sono né i locali adatti né le attrezzature che servono né i tecnici preparati per la nostra specialità? Che importa se quel microscopio serve tutti i giorni e non di rado anche di notte? L’importante è che si sia salvata una forma a beneficio degl’ipocriti, degl’imbecilli e di chi non vuole mostrare la faccia come complice in questa vicenda.

Qualcuno mi chiede della Bortolani. Che posso dire? Non certo per scelta mia, non la vedo e non la sento da tempo immemorabile, mai ha visitato il laboratorio, non ha la più pallida idea di che diavolo stiamo facendo e pubblica esternazioni di cui, stante la sua laurea in legge, non può ignorare le conseguenze. Tutto quello che mi sento di dire è che il giorno in cui qualcuno me l’ha presentata non godevo probabilmente di un oroscopo favorevole.

Grillo? Perché mi chiedete sempre di Grillo? Che c’entra Grillo? Che ne sa lui? Che autorità detiene? Qualcuno lo ha preso come alibi per le proprie porcate e lui ha lasciato fare. Dopotutto, quando strilla condannando all’inferno chi imbavaglia la ricerca, chi diffama senza essersi procurato lo straccio di una prova,  chi intrattiene interessi tanto grassi quanto squallidi come quelli che stanno dietro gl’inceneritori e le cosiddette “grandi opere”, non fa altro che il suo mestiere: riempire i palasport. Qualcuno viene sacrificato? Il bene comune viene calpestato? Non potete chiedergli di badare a queste inezie: ognuno deve fare il “suo particulare”, come saggiamente insegnava Guicciardini, e se si è sempre sottratto a qualsiasi forma di confronto non è per viltà: è solo perché è in tutt’altre faccende affaccendato. In fondo, se una fetta di ricerca è andata avanti e si sono raggiunti risultati di livello altissimo un po’ lo si deve anche a lui. E, allora, non tiratelo in ballo.

E l’Università di Urbino? Certo il coraggio non è una dote nemmeno laggiù nel Montefeltro. Rettore, preside di facoltà, professore che, furbescamente, si spacciò un tempo per amico per venderci in cambio di trenta denari bucati… Nessuno di loro ha avuto il coraggio e la dignità di prendere il telefono e parlare con me. Anzi, con mia moglie, perché è lei, per accordo scritto e pubblicato, la persona che ha la piena responsabilità del microscopio, potendo decidere dove, come e quando collocarlo e che accidenti farci. E nessuno di loro ha mai avuto il coraggio di mettersi in contatto con il sottosegretario alla Difesa che aveva scritto una lettera al rettore per impedire lo scempio, né qualcuno ha chiamato il capo di stato maggiore della Difesa che aveva telefonato per lo stesso motivo, né qualcuno ha risposto al presidente dell’Osservatorio Militare che resterà senza le analisi imprescindibili per consentire ai reduci malati di vedersi riconosciuta la causa di servizio per le malattie da uranio impoverito e nanoparticelle, né qualcuno ha avuto il fegato di rispondere a tutti i messaggi di protesta che arrivavano da parte di donatori e di ricercatori non collusi con certe schifezze. Ma che importa? Ubi maior… Dopotutto, il fine giustifica i mezzi. È o non è la lezione di un grande?

Qualche giorno fa mi è arrivato un fax firmato dal rettore in cui arroganza e comicità tragica facevano a gara, arrivando persino a sostenere che la sua università brillerebbe in campo internazionale. In che, non è dato sapere, ma qui, quando si arriva a trattare del microscopio elettronico, si parla di una disciplina nitidamente delineata e non di altro, altro che è del tutto irrilevante. Ma, volendo prendere sul serio il rettore, sarebbe interessante sostenere un dibattito pubblico con i luminari delle nanopatologie che l’Università metterebbe in campo, luminari che, forse per modestia, non hanno mai fatto capolino in quel mondo e – ma questa è un’illazione mia – non hanno neppure chiaro il significato del termine.

Ma ad Urbino, nel salottino dell’Università, nessuno si preoccupi: non accadrà mai che qualcuno chieda loro quali progressi abbiano fatto con lo studio sulle patologie da micro e nanoparticelle o si rivolga a loro, come si fa quotidianamente con me, per avere aiuto.  Aiuto che, guarda un po’ l’ironia del destino, mi chiedono perfino alcuni gruppi di “amici di Beppe Grillo”.

A corollario di questa farsa ci stanno un po’ di blog, qualche casalinga isterica, qualche faccendiere di provincia, qualche bamboccione, qualche “scienziato” che non ha mai partorito nulla e che pretende uguaglianza rendendo il mondo sterile come lui. Da tutte queste fonti, molte delle quali rigorosamente anonime, arrivano infamie. A ben contarli sono quattro gatti che qualche decennio fa, prima dell’entrata in vigore della legge Basaglia, avrebbero forse avuto altro destino, ma ora stanno democraticamente lì a inveire contro la luna piena. Quattro gatti sì, ma rumorosi.

Dall’altra parte ci stanno coloro i quali mi mandano messaggi in cui mi dicono di non mollare e che compreremo un altro microscopio alla faccia di tutti. Ma con che soldi, di grazia? Qualche anno fa si tentò di mettere in piedi un’associazione che raccogliesse fondi per la nostra ricerca. Fallito l’ottenimento dello stato di onlus grazie agl’intrighi da politicuzzo ereditati dal babbo di qualcuno che ora gongola per la nostra “sconfitta”, restarono 6.000 Euro depositati in banca, una cifra che, a dir poco misteriosamente, non arrivò mai alla ricerca. Poi si tentò di raccogliere fondi con i Grilli di Firenze, ma, come forse qualcuno ricorderà, il comico Grillo si oppose a mezzo avvocato (io ero già “in politica” e il mio essere “in politica” non si armonizzava con il suo) e l’iniziativa naufragò. Ora c’è Ricerca è Vita che è una onlus e che raccoglie fondi per le nostre ricerche, ma in quasi un anno e mezzo sono arrivati non molto più di 10.000 Euro. Dunque, una pacca sulle spalle e un armiamoci e partite, perché se c’è da tirare fuori un po’ di quattrini per assistere alle esibizioni di un cantante, di un calciatore o di un guitto da trivio che già trasuda denaro, si fa il “sacrificio”. Per una ricerca i cui risultati, lo si voglia o no, coinvolgono tutti, vadano avanti gli altri.

Io ho messo in vendita casa mia. Dopo questa, ho un rene in ottime condizioni. Di più, non credo di farcela, anche perché il Nobel tarda ad arrivare.

Ciliegina sulla torta del 2009: sono stato querelato dall’acciaieria ABS di Udine per il capitolo 25 del mio libro Il Girone delle Polveri Sottili. Resta aperto il quiz: perché?

A chi mi chiede che cosa provo in tutto questo molto terrestre girone infernale non posso che rispondere che provo repulsione e pietà messe insieme, le sensazioni che si provano davanti ad una mutilazione orrenda, con l’aggravante che qui la mutilazione è morale.

E, dunque, addio 2009 e addio senza un briciolo di rimpianto ma, anzi, con la voglia di buttarti fuori a calci perché non meriti altro. Il 2010 non promette di cominciare particolarmente bene, con i signori di Urbino che, senza colpo ferire, si portano a casa il frutto di un anno di sacrifici miei che magari non tutti avrebbero affrontato. Mi auguro solo che quello sia l’atto postumo dell’anno ormai andato.
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Un annus horribilis, ho detto, ma da cui esco vincitore perché io posso guardare negli occhi chiunque e non sono costretto a scappare, ad arrampicarmi sugli specchi o ad aggrapparmi a menzogne avvilenti.

E, da vincitore, sfido i poveri infelici che ignorano di essere dei suicidi a bloccarmi ancora. Perché, vi piaccia o no, noi andremo avanti e a voi non resterà che un pugno di quella triste sozzura che scambiate o contrabbandate per oro. La differenza sarà che chi ha bisogno di aiuto non potrà più rivolgersi a me ma lo farà a Grillo, al rettore di Urbino o alla signora Bortolani, perché ora la patata bollente ce l’hanno loro tra le dita per loro scelta, e adesso quella non possono mollarla a nessuno.


Salerno da incanto, per ora…

3 gennaio 2010

Qui trovate una galleria di immagini delle spettacolari luci che illuminano Salerno in questi giorni

http://guide.supereva.it/guida_sul_natale/interventi/2009/11/salerno-sillumina-con-le-%E2%80%9Cluci-d%E2%80%99artista%E2%80%9D

peccato che il meraviglioso lungomare stia per essere oscurato dal Crescent, ennesimo scandalo del cemento:

http://www.nocrescent.it/